Riflessione profana di un possibile disertore
In questi giorni è giunta comunicazione presso l’istituto in cui insegno della possibilità per tutti i docenti di accedere alla vaccinazione anti COVID – 19. Se ciò appare come un segno di attenzione da parte delle istituzioni nei confronti dell’ordine degli insegnanti, dall’altro si
vorrebbe capire la ragione per la quale vi siano due tipologie differenti di prodotto, rispettivamente assegnate ai professionisti con età inferiore e superiore a 55 anni. La motivazione reale della perplessità nasce dal fatto che ai primi – in quanto “non presentano condizioni che aumentano il rischio clinico” sic! – verrebbe somministrato il vaccino AstraZeneca, mentre agli over un prodotto che è stato riconosciuto dalla comunità scientifica come più prestante, ovvero il Cominterny o Moderna. Pur non avendo affatto competenza in merito a giudizi approfonditi, ho letto le note informative allegate all’adesione, dalle quali emerge come a parità di possibili effetti collaterali il vaccino che dovrei introitare ha efficacia prevista pari al 59,5% contro il 95% dei concorrenti. Sono lieto di essere tra i fortunati a godere di buona salute, ma proprio per questa ragione credo sarebbe opportuno dare precedenza ai più fragili ed attendere eventuali nuove partite di prodotto con un grado di attendibilità superiore. Affrontare tre giornate di iniezioni (a quanto pare, infatti, con AstraZeneca sarebbero una in più) con ciò che tutto questo potrebbe comportare, per dover essere consapevole che ho comunque il 40% di probabilità di contrarre il virus, non mi sembra una scelta così saggia. Qualcuno sostiene che “meglio questo del nulla”; ma per indole nelle scelte sono abituato a cercare le soluzioni migliori e non quelle “tampone”! Detto ciò, non è stato chiarito quali siano le conseguenze per chi dovesse rinunciare a questa “opportunità”. Credo ciò comporti anzitutto di finire in coda alle liste di vaccinazione: potrebbe essere da un lato ragionevole, ma allora decade il principio
per cui la categoria dei docenti sia effettivamente esposta a dei rischi sanitari socialmente rilevanti. In seconda battuta mi viene spontaneo considerare gli effetti “sociali” di un eventuale rifiuto: al di là del giudizio rispettabile dei “meglio qualcosa che nulla”, che verrebbe di certo rimarcato nel caso sciagurato di un contagio a danno di un disertore, non è che possa essere precluso l’accesso a servizi o opportunità della vita privata e professionale dello stesso disertore? Per essere più chiari: potrò entrare come possibile untore – ma anche da papabile unto! – in tutti i cinema, nei ristoranti, negli alberghi o, peggio ancora, potrò dirigere un bel giorno qualche concerto in teatro? Oppure sarà data precedenza a chi ha preferito il “qualcosina” al nulla? I dubbi incombono, ma la scelta è alle porte!